L'opinione


di Arnaldo Romani Brizzi

 

L'ARTE IN OSTAGGIO DELLE MODE

Il crescente conformismo del mercato è sempre più determinante nelle scelte del collezionismo contemporaneo.  

Ai più attenti osservatori della vicenda della contemporaneità non sfugge quanto, ormai da tempo, venga dato come ampiamente scontato uno spostamento semantico che coinvolge la considerazione in merito al valore delle opere d'arte. Non è più, infatti, l'opera d'arte stessa a venire considerata per le specifiche peculiarità di linguaggio, evoluzione, qualità e quant'altro sino a qualche tempo fa necessario, ma è il valore che le viene attribuito dall'esterno e, in special modo, da un sistema dei commerci che ha saputo organizzare una rete di consensi forzati, ed esclusivamente pecuniari. Dunque: se l'opera viene commerciata a cifre sempre più vorticosamente crescenti, nessuno osa vedere più l'eventuale atto speculativo messo in campo , giudicando, al contrario, la quotazione raggiunta come la migliore certificazione del valore di quell'opera. Opera che, però, ha smesso di rivestire valori per la cultura la coscienza il pensiero per restare esclusivamente relegata al territorio dell'affare e dell'investimento. Per dirla in breve, l'opera d'arte è stata degradata al ruolo di merce.

Ora sino ad un passato recente era buona coscienza dei collezionisti più accorti considerare la spesa di un acquisto di un'opera d'arte come un lusso necessario al conforto e all'accrescimento della propria passione, e non come un gioco borsistico capace di inseguire ipotetici arricchimenti. Anzi si era disposti anche a errare nella convenienza, ma era la forza del proprio gusto personale che faceva la differenza della considerazione. Oggi sono tutti terrorizzati di rimetterci, di non aver fatto la scelta giusta in termini economici; il vanto di molti, moltissimi di questi collezionisti è riferirti il prezzo di acquisto, non la poetica, la Weltanschauung dell'autore dell'opera.  Una volta ci si

IL CORAGGIO DEL GUSTO PERSONALE

sarebbe vergognati: seri collezionisti non ti  avrebbero mai dichiarato la cifra d'acquisto, nemmeno sotto tortura, era una questione di stile. Il risultato è che si finisce con il registrare una serie di raccolte tutte similari, perché il collezionista non ha più il coraggio di osare, nella propria raccolta, rappresentazione del gusto personale. Probabilmente temendo il giudizio negativo di chi ha fatto buoni guadagni con le ultime proposte della contemporaneità,questi campioni di un nuovo conformismo collezionano le stesse opere dei loro colleghi, amici, sodali. Confortati dall'illusione dell'affare, cadono nel tranello della celebre sentenza di Ennio Flaiano. Correre in soccorso del vincitore, in questo caso della moda o del momento. Ma le loro collezioni perché dovrebbero essere considerate o ammirate, se tutte pressoché uguali tra di loro?

 

da  AD - Architectural Digest

Sett. 2009


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